Il paese che non c’è più e quello che deve rinascere

La vecchia Amatrice non c’è più e la nuova non c’è ancora. Due anni dopo, della cittadina non resta più nulla. Il capoluogo è stato spianato dalle ruspe, tutti gli edifici del centro storico – quelli che non erano caduti e che restavano aggrappati a scheletri di cemento – sono stati abbattuti e le macerie sono state portate via, nei depositi lungo la Salaria. La demolizione prosegue invece al rallentatore in parecchie frazioni. E quindi, figuratevi la ricostruzione.

Facciamo però un passo indietro. Dove vive la popolazione, dove si trovano i residenti? Chi ha perso la propria abitazione – la prima casa – ha avuto diritto ai Sae, acronimo di strutture abitative di emergenza. Le famose “casette”. Nella conca amatriciana ne sono state consegnate 530, con metrature diverse a seconda del numero dei componenti il nucleo familiare: 40, 60 o 80 metri quadri. Non eccellono per estetica, ma dentro sono dotate di tutti i comfort. L’ex sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi – è decaduto dalla carica dopo essere stato eletto in Consiglio regionale, al suo posto c’è ora Filippo Palombini, un ingegnere – chiese e ottenne che le Sae fossero realizzate in prossimità delle frazioni andate distrutte prima con il sisma del 24 agosto, e poi con quello altrettanto devastante del 30 ottobre 2016. L’obiettivo di Pirozzi era quello di mantenere forte il senso di comunità, evitando l’effetto disgregazione, la polverizzazione del tessuto sociale preesistente.

Gli stessi residenti di Amatrice sono stati suddivisi in quattro macro aree Sae, a ridosso di ciò che rimane del cuore del borgo. Corso Umberto, l’asse principale del paese, può essere percorso solo con le auto. Chi arriva in moto deve circumnavigare Amatrice, passando – stavolta – per ciò che rimane delle frazioni.

Il propulsore dell’economia è il Polo del gusto, della tradizione e della solidarietà. È la zona ristoranti, ce ne sono otto. Altri cinque si trovano dislocati nel resto del territorio comunale. Disegnata dall’archistreet Stefano Boeri, l’area è interamente costruita in vetro e legno. Ha avuto un impatto praticamente pari a zero per le casse dello Stato: è stata realizzata grazie alle donazioni degli italiani al gruppo Rcs-Cairo Editore.

È stata invece la Regione Lazio a costruire i due centri commerciali che radunano la stragrande maggioranza dei negozi. Per consentire alla popolazione e ai turisti di raggiungerli, recentemente è stato inaugurato un servizio gratuito di trasporto pubblico. Fino al 30 settembre, un trenino su ruote – si chiama “Va…lentino” – collega le aree Sae del capoluogo al Polo del gusto, passando appunto per i centri commerciali.

E il resto del territorio? Se è vero che anche prima del terremoto le 69 frazioni di Amatrice non brillassero certo per movida notturna, e che l’unico posto dove fare la spesa fosse come oggi il capoluogo, è altrettanto vero che le cifre del post terremoto sono impietose. Stando ai numeri di cui è entrata in possesso RomaH24, e che riguardano non solo Amatrice ma tutta la Regione Lazio, la percentuale delle macerie rimosse ad oggi è del 50%. Alcune frazioni sono ancora in attesa dei primi interventi. È il caso di Saletta e Sant’Angelo.

Le autorizzazioni alla riparazione dei danni lievi sono state appena 72. E questo è niente. Per la ricostruzione delle abitazioni classificate “E”, e cioè per le case demolite, è stata approvata una domanda. Una sola. Se questo è il quadro, per chi possedeva una seconda casa – parliamo di cinquemila edifici nel territorio di Amatrice – non c’è futuro. E senza le seconde case, è Amatrice stessa a non avere futuro.

Il 19 luglio, però, la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva il testo del “decreto terremoto”. La legge prevede una serie di interventi volti a consentire ai Comuni di attrezzare delle aree che possano ospitare camper o roulotte e a snellire le procedure per la riparazione dei danni lievi. È un primo passo verso il ritorno dei romani ad Amatrice. È un bagliore di luce nella lunga notte in cui è piombata questa terra il 24 agosto 2016.

DOPO IL TERREMOTO

PRIMA DEL TERREMOTO