Donatori.it l’Avis di Amatrice riparte grazie alla solidarietà dei ragazzi

di Francesco Di Marco*

Scrivere di una tragedia come quella che ha colpito noi amatriciani e gli abitanti del centro Italia nella maledetta notte del 24 agosto 2016 per me è davvero difficile, in poche ore si è bloccato tutto: la vita si è fermata e con essa è crollato il mondo che avevamo costruito.

Noi donatori avevamo una sede, un centro trasfusionale di riferimento, avevamo una comunità fatta di amici, di uomini e di donne che credevano nella solidarietà, nel dono: 38 anni di lavoro per costruire tutto questo si sono sbriciolati in un momento. La nostra sede è diventata un cumulo di macerie, macerie che hanno portato via tanti amici cari.

Come riuscire a raccontare queste perdite senza commozione?

La vita poi è ripartita, perché così deve essere. E quel forte senso di solidarietà non è stato davvero cancellato dal terremoto: il giorno stesso, il 24 agosto, in tantissimi si sono presentati a Rieti per donare sangue. Un gesto bello, che purtroppo non ha potuto in quel caso aiutare molto, perché poche erano le persone che avevano bisogno di sangue, le loro ferite erano altre, molto più profonde.

Come comunità Avis siamo ripartiti nel Novembre 2016, grazie al supporto delle nostre consorelle di Roma e Rieti. Abbiamo quindi organizzato un calendario che prevedesse due raccolte sangue mensili. Contemporaneamente abbiamo dato vita a quella che è stata una mia idea: una sottoscrizione per acquistare un’autoemoteca. La generosità della comunità dei donatori e il grande impegno del nostro presidente provinciale Giuseppe Zelli ci ha fatto realizzare l’obiettivo. Il 30 aprile 2017 con una cerimonia emozionante abbiamo inaugurato la nostra autoemoteca, dedicata all’amica e donatrice Rosella Adduci, scomparsa sotto le macerie.

Purtroppo però questioni burocratiche non ci hanno permesso di usare la nuova conquista, le nostre raccolte sono ancora oggi fatte presso il Pass, la struttura

temporanea che sostituisce l’ospedale. Ma sono fiducioso, credo che per il prossimo autunno ce la faremo.

Anche senza autoemoteca abbiamo raggiunto risultati inaspettati: nel 2017 abbiamo raccolto ben 250 sacche di sangue e ad oggi, dall’inizio del 2018, siamo già a 240: contiamo per la fine di quest’anno di superare le 400. Ciò significa che 180 persone sono venute a donare, nonostante le difficoltà logistiche che devono affrontare. La nostra comunità, prima della tragedia era composta da più di 300 persone però: tanti romani, che venivano ad Amatrice perché qui c’era la loro seconda casa e sceglievano la nostra terra per donare. Ora quelle case non ci sono più, ed è difficile venire.

Qualche settimana fa, il 5 agosto scorso, in occasione del nostro quarantesimo anniversario abbiamo inaugurato la nostra sede nuova, dedicata all’amico e consigliere Avis Agostino Ciancaglioni che è rimasto sotto le macerie con la moglie Rita e la figlia Morena, incinta di quattro mesi. Una cerimonia molto bella, alla presenza dei presidenti Avis nazionale, regionale e provinciale, più di 180 le sezioni territoriali rappresentate.

La vita va avanti dunque. Con fatica. Il popolo di Amatrice dimostra ancora la sua solidarietà storica, anche se la tragedia di fine agosto ha marcato tutti noi con un segno indelebile: inevitabile una nuova chiusura, fatta di rancore e risentimento, voglia di dedicarsi ai propri, tanti, problemi.

Cosa chiedono oggi i donatori di Amatrice? Certezze. Come del resto tutti gli abitanti delle nostre terre colpite. Le attività commerciali, fatta eccezione per l’agricoltura e la ristorazione sono ferme, non esiste un piano concordato con tappe certe, e spesso chi decide delle nostre vite prende scelte senza conoscere la realtà che quindi cozzano con essa. Avevano detto che non ci avrebbero lasciati soli. Ma ci sentiamo soli. Come donatori e donatrici, ma soprattutto come uomini e donne.

Voglio però concludere con un messaggio di speranza. Un messaggio che ci arriva dai nostri giovani: dopo il terremoto molti di loro hanno iniziato a donare sangue. In una realtà difficile come quella che viviamo, dove non ci sono certezze, dove non c’è casa e non c’è divertimento, decidono di dedicare il loro tempo agli altri. Se pensiamo che in Italia i giovani sono coloro che meno donano, non possiamo che essere fieri dei nostri ragazzi. E sperare che il loro messaggio ci porti anche nuove certezze.

*Presidente Avis comunale Amatrice