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Gioco d’azzardo, una dipendenza che supera quella da cocaina

di Daniela Mogavero

Gratta e vinci, slot machine, videolottery, scommesse online. Le possibilità di accedere al gioco d’azzardo si sono moltiplicate e sono sempre più presenti anche in contesti diversi da quelli delle sale gioco o dei classici bingo. Anche se il gratta e vinci è in assoluto il più scelto, per la sua facilità, la vera dipendenza è quella da slot, secondo il dottor Onofrio Casciani, responsabile dell’Ambulatorio specialistico gioco d’azzardo patologico dell’Asl Roma 1, che si trova in via Fornovo e gestisce la zona di Prati e Roma Nord.
Nel 2018 «i nuovi pazienti in cura per dipendenza da gioco d’azzardo hanno superato quelli per cocaina», rivela Casciani. Un dato che conferma un trend in crescita: «I pazienti parlano tra di loro, spesso frequentano gli stessi luoghi e l’offerta, cioè la possibilità di accedere alle cure, crea anche la domanda», spiega il dottor Casciani. Nel 2018 i “nuovi accessi” per gioco d’azzardo patologico sono stati 40 a fronte di 28 per l’abuso di cocaina, la sostanza più diffusa tra i tossicodipendenti. Il 62% dei nuovi pazienti dell’ambulatorio per il gioco d’azzardo sono maschi e per la metà stranieri. «I pazienti fanno parte di diverse fasce d’età – sottolinea Casciani che ha affrontato il tema nel manuale “Il trattamento psicologico e psicoterapeutico del disturbo da gioco d’azzardo in una prospettiva multidisciplinare” – c’è il giovane che spesso gioca online e associa anche l’uso di alcol. L’anziano che non usa altre sostanze, è un giocatore puro, che ha giocato per molto tempo con un buon controllo, ma poi lo perde per una causa scatenante. Poi c’è ancora chi non ha mai giocato e per curiosità o per circostanze diverse prova, ne trae un immediato beneficio illusorio e resta incastrato. Donne sole, di mezza età. Pensionati, annoiati. Professionisti che sfruttano anche i mezzi più tecnologici e rischiano cifre folli».
Secondo le ultime statistiche sul tema, nel 2017 17 milioni di italiani hanno giocato almeno una volta: «Spesso si tratta del gratta e vinci o dei cosiddetti “win for life”, che si possono trovare ovunque e vengono offerti anche come resto alla cassa. Di questa vasta platea si stima che un milione di persone ricada nella patologia. Un aumento costante da dieci anni – aggiunge il responsabile della struttura – Le persone che poi arrivano in cura sono meno del 10% del totale. Pesano la paura dello stigma sociale, del giudizio dei propri cari». Una dipendenza che cresce anche tra i giovani: «Il gioco d’azzardo su smartphone è aumentato tra i giovanissimi dal 16,4% del 2013-2014 al 50% del 2017», segnala il dottor Casciani. Tra i pazienti in carico all’ambulatorio le fasce d’età più presenti sono quella tra i 14 e i 17 anni, con il 21%, 20-24 anni, 11% e 30-34 con il 14,1%.

Il Tar: “Slot machine a Roma non più di otto ore al giorno”
Il Tribunale amministrativo del Lazio ha confermato con tre diverse sentenze la validità dell’ordinanza con cui Roma Capitale ha stabilito un orario giornaliero per le slot machine e le videolottery.
Secondo quanto previsto dalla sindaca Virginia Raggi le une e le altre possono essere accese per solo otto ore al giorno, dalle 9:00 alle 12:00 e dalle 18:00 alle 23:00. Il Tar ha definito la legittimità della decisione capitolina anche in merito alla tutela «della salute pubblica e del benessere individuale e collettivo dei cittadini» e alla valenza «fortemente preventiva, in quanto non mira solo a ridimensionare il fenomeno esistente, sia palese che sommerso e non registrato nei dati ufficiali, ma a evitare ulteriori casi di contrazione del vizio della ludopatia, in particolare tra le fasce più giovani di utenti, come dimostra il fermo degli apparecchi disposto negli orari di uscita dalle scuole».

“All’inizio i giochi di carte poi l’inferno del videopoker”
“Ho iniziato per provare, perché dove lavoravo lo facevano tutti e anche per solitudine e noia. Poi a poco a poco dalle carte sono passato ai videopoker e da lì è arrivata la dipendenza». Racconta così, senza timore, con consapevolezza la sua storia, D.M., 62enne in cura per gioco d’azzardo patologico all’Ambulatorio specialistico di via Fornovo. Un giocatore puro, come si definiscono coloro che hanno come dipendenza solo l’azzardo e lo hanno gestito per anni per poi finire nella morsa della dipendenza.
«Ho iniziato a giocare a poker, a scala quaranta, giovanissimo. Già a 13-14 anni mi capitava. Lavoravo come barista e il sabato e la domenica non avevo mai le sere libere. Il lunedì quando riposavo non avevo amici con cui uscire e così ho iniziato perché ero solo e annoiato – racconta ripercorrendo quello che era un passatempo – Trent’anni fa non c’erano le macchinette, i videopoker, le slot nei bar. Per giocare dovevi andare a Montecarlo, a Sanremo. Così io e mia moglie andavamo 20 giorni in vacanza e io giocavo, giocavo tanto, perché guadagnavo bene: anche 5-6 milioni al mese negli anni Novanta, mentre adesso non ho più soldi. Per questo gioco di meno, anche se ora si può giocare davvero ovunque».
Il 62enne, invalido per problemi di diabete, è stato in cura per due anni e poi «per il traffico, l’autobus, una scusa o un’altra ho interrotto», perché «non vedevo i risultati». Per smettere «te lo devono togliere dalla testa il vizio – dice toccandosi le tempie e facendo una pausa – ma non ci riescono del tutto. Adesso che ho ripreso la terapia avevo smesso per un anno, poi sotto Natale ho giocato, poco, ma l’ho fatto. I videopoker e le slot sono la mia dipendenza. In quarant’anni di gioco accanito penso di aver perso mezzo milione di euro. Vincere? Non vinci mai. Non ho mai visto uno che vince con le macchinette o con il totocalcio. Vinci 500 ma ne hai giocati 10 mila», dice con consapevolezza e delusione.
E dopo tante giocate perse, «mia moglie mi ha mandato in cura. Vedeva che i soldi finivano sempre e alla fine si è stufata anche lei. Siamo nonni e il nipote di 11 anni mi dice che non gli ho mai comprato niente. Prima di diventare nonno non ci pensi. Se avessi messo da parte tutto quello che guadagnavo adesso staremmo benissimo. Ma è un vizio, ci ricaschi. Anche adesso se litigo con mia moglie, quel poco che ho in tasca me lo vado a giocare, per calmarmi. Se invece sono tranquillo non ne sento il bisogno».
«Il desiderio c’è ma non più come una volta. Quando avevo i soldi, passavo davanti al bar e giocavo. Mi sono venduto l’oro, ho perso anche 2.000 euro in una giocata, perché aumenti sempre: dici ho perso 100 euro e pensi che ora vincerai e aumenti ancora e non ti rendi conto di quanto perdi e perderai ancora».

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