27 Gennaio 2019 - 16:50 . Giulio Cesare . Cultura

Giorno della Memoria, ecco la storia dei “murati vivi” sotto al tetto di San Gioacchino

Anche Prati ha i suoi “Giusti tra le nazioni“, anche Prati ha contribuito a salvare chi rischiava di sparire nell’incubo della Shoah. La chiesa di San Gioacchino, in via Pompeo Magno, è la protagonista di questa storia incredibile, scoperta quarant’anni dopo i fatti. Il sottotetto dell’edificio ospitò, per sette mesi, ebrei, ricercati e disertori, tutti murati vivi all’interno.

Lo stratagemma fu deciso dall’ingegner Pietro Lestini, di Azione Cattolica. Insieme a lui padre Antonio Dressino e soprattutto suor Margherita Bérnes, che per tutto questo tempo cucinò per le oltre 30 persone che si alternarono in quella soffitta nascosto, rifugio fondamentale per scampare dal rastrellamento dei tedeschi. Per impedire che venissero trovati fu deciso di chiuderli dietro a un muro di mattoni, isolati dal resto del mondo. L’unico modo per respirare aria e ricevere cibo era attraverso il rosone, l’unico passaggio utilizzabile. C’è un problema però: la volta della chiesa è fragile e i rifiugiati, tra cui i fratelli Finzi e Leopoldo Moscati, possono utilizzare solo delle passerelle di legno larghe giusto 2 metri.

La fine di quest’incubo arriva il 7 giugno del 1944, dopo l’arrivo delle truppe alleate a Roma e la riapertura di questo rifugio che è valso la salvezza di tante persone. Per questo la parrocchia di San Gioacchino in Prati è stata riconosciuta come “Casa di vita” dalla Fondazione Internazionale Raoul Wallenberg. Sull’incredibile storia è stato girato anche un breve documentario visibile in alto.

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